Che la curiosità sia morbosa non è certo cosa nuova.
Certamente gli ultimi episodi (ce n’è per tutti i gusti, dal dipendente di Intesa SanPaolo che passava il tempo ad indagare sui movimenti bancari di personaggi più o meno noti al “dossieraggio” politico dell’altra settimana, con il Capo di Gabinetto del Ministero della Cultura rimasto in carica solo per qualche giorno fino all’indagine di questi giorni sulle banche dati, che vedrebbe il coinvolgimento di protagonisti della finanza, del mondo imprenditoriale e di società riconducibili alla Pubblica Amministrazione), se da una parte sembrano quasi una “farsa” (almeno a leggere alcuni episodi), dall’altra non possono non essere fonte di preoccupazione. Si parla di milioni di dati riguardanti centinaia di migliaia di cittadini, qualcosa come 15 terabyte: 1 terabyte è l’equivalente, tanto per capire, di 1.000.000 di megabyte.
Che i “dati” (personali, aziendali, etc) siano sempre più importanti (e quindi abbiano un “valore” economico) lo viviamo quotidianamente sulla nostra pelle: non passa giorno che non riceviamo telefonate da call center per la richiesta di attivazione di un determinato servizio o di passaggio da un fornitore ad un altro. E tutti, sicuramente, ci chiediamo come sia possibile che terze persone siano in possesso di numeri solitamente riservati come le utenze telefoniche.
Molto probabilmente le 2 cose tra di loro non hanno nulla a che vedere. Ma una cosa appare in maniera sempre più evidente: che si parli di business o di potere (le 2 cose spesso coincidono) essere in possesso di informazioni più o meno riservate costituisce già, per l’appunto, un “potere”, per detenere il quale si è disposti a pagare, che siano € 20.000 ad un investigatore privato per avere un numero di telefonata di una fanciulla della quale si è invaghiti piuttosto che “favori” per i quali la definizione di un “prezzo” è un po’ più difficile.
Il problema, indubbiamente, può essere quest’ultimo aspetto: il favoritismo conduce dritti dritti alla ricattabilità. E un sistema ricattabile è sinonimo di debolezza e totale mancanza di autorevolezza.
Uno degli aspetti che da sempre accompagna il nostro Paese (e che in più di un’occasione ha allontanato gli investitori stranieri) è, appunto, la mancanza di autorevolezza, la cui conseguenza più grave, forse, è la precarietà della giustizia, con tempi biblici per arrivare a sentenze certe (vedi le polemiche di questi giorni sui centri di accoglienza in Albania, anche se in questo caso oggetto delle critiche non sono i tempi ma l’interpretazione che si danno alle leggi e/o ai decreti, con le accuse di “politicizzazione” rivolte a chi è chiamato a “giudicare”).
Fatto sta che uno dei punti nodali, che la UE ci ha imposto per poter disporre del PNRR, è, appunto, il tema delle riforme. Un percorso che è stato comunque intrapreso, seppur, come possiamo intuire dalle vicende di questi giorni, rimanga ancora piuttosto lungo. Ma già il fatto di “averci messo mano” qualche beneficio ce lo sta portando.
Se, infatti, dopo Fitch, anche un’altra tra le principali società di rating, DBRS, arriva a “promuovere” il nostro Paese, alzando l’outlook a BBB (high), ultimo gradino prima della A (il primo dei livelli – si arriva sino a AAA – che contraddistingue gli emittenti più sicuri), il merito va ricercato anche nella volontà, dimostrata con i fatti (per quanto l’utilizzo delle risorse messe a diposizione dal paino sia altra cosa piuttosto ardua in Italia, avendo spese, ad oggi, una minima parte dei soldi che la UE ci ha riservato), di “modernizzare” il Paese. Peraltro, l’aspetto che maggiormente ha contribuito al parere positivo della società di rating canadese è il “controllo” del deficit, ridotto, per il 2024, dal 4,3% al 3,8%, grazie anche all’aumento delle entrate. Un ulteriore merito sembrerebbe essere la buona accoglienza (anche se non si è arrivati alla “stesura definitiva”) del Piano strutturale di bilancio italiano, la “manovra” presentata nei giorni scorsi dal nostro Governo alla Commissione Europea e oggetto, in questi giorni, di discussione in Parlamento.
Non da ultimo, evidentemente, le agenzie di rating non possono essere rimaste indifferenti a quello che è la vera sorpresa dell’anno che sta per finire, vale a dire la capacità, del nostro Paese, di ridurre lo spread con la Germania, sceso dai 164 bp di inizio anno agli attuali 122 bp, mentre altri Paesi lo vedevano salire: vedi la Francia, che dai 52 bp di inizio anno è passata ai 75 di venerdì. Fattore legato, non c’è dubbio, alla grande instabilità politica che da qualche mese contraddistingue Parigi, oltre che alla precarietà dei conti (sembra, paradossalmente, che le parti si siano invertite), ma anche al rispetto, da parte italiana, del piano di emissioni per finanziare il debito: oramai siamo prossimi al 95% dell’intero fabbisogno dell’anno, cosa che ci permette di iniziare a “pensare” all’anno prossimo, cominciando a mettere un po’ di “fieno in cascina” (in questo senso va letto, per es, la nuova IPO di Poste Italiane che, salvo ulteriori ripensamenti, dovrebbe avvenire entro il mese di novembre).
Ma per la conferma che stiamo recuperando un po’ in termini di credibilità basterà attendere il prossimo 25 novembre, data in cui anche Moody’s sarà chiamata a dire la sua su di noi.
Questa mattina la borsa di Tokyo è in rialzo dell’1,82% dopo l’esito delle elezioni, non particolarmente positivo per il Premier Ishiba, il cui partito (Partito Liberal Democratico) non è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta alla Camera bassa (215 verso 233, in discesa dai 247 precedenti). Cosa che costringe il Premier a trovare un nuovo accordo per poter governare.
Positivi, anche se marginalmente, i mercati Great China: a Hong Kong l’Hang Seng sale dello 0,24%, mentre Shanghai incrementa dello 0,68%.
Bene, a Seul, il Kospi, a + 1,13%.
Debole, invece, il Taiex a Taiwan, che cede lo 0,64%.
Tutti positivi i futures, ad indicare rialzi degli indici tra lo 0,50 e lo 0,80%.
Pesante caduta, nei primi scambi di giornata, del petrolio, con il WTI che tratta a $ 68,58 (- 4,56%).
Gas naturale Usa – 2,75%, comunque ancora sopra i $ 3 (3,013).
Oro a $ 2.754, praticamente invariato.
Spread a 119 bp, con il BTP a 3,51%.
Bund a 3,32%.
Nuovo rialzo dei rendimenti del treasury, al 4,28% (venerdì ha chiuso a 4,23%).
€/$ a 1,08.
Bitcoin a $ 69.215, ulteriore conferma che, probabilmente, oggi sarà una giornata positiva per i mercati azionari.
Ps: seppur siamo in pieno autunno, con temperature assolutamente miti, è iniziata la stagione agonistica per lo sci, con la Coppa del Mondo. Al di là del trionfo di sabato di Federica Brignone, qualcosa, anche in questa disciplina, sta cambiando. Un atleta, infatti, partito con il pettorale n. 41, si è piazzato, dopo una rimonta clamorosa, al 4° posto. Il suo nome? Lucas Pinheiro Braathen. La sua nazionalità? Brasile. Di certo Paese non noto per le sue località sciistiche…Il segreto? Lo sciatore in questione è cresciuto in Norvegia, ma, avendo doppia nazionalità, ha deciso di correre per il Paese carioca. Che adesso può puntare a vincere non solo la Coppa del mondo di calcio (impresa, peraltro, che non riesce dal 2002, anno dell’ultima vittoria), ma anche quella dello sci alpino.